Passivazione acciaio inox

10.12.2023

La passivazione dell'acciaio inox avviene naturalmente, nel momento stesso in cui la lega si trova in un ambiente in grado di apportare ossigeno sulla superficie del metallo. Quando l'ossigeno (proveniente dall'aria, dall'acqua, da un agente ossidante o da altre fonti) entra in contatto con la superficie dell'acciaio inossidabile, reagisce con il cromo presente in lega formando gli ossidi ed i composti responsabili della passivazione.

Quando si parla di passivazione degli acciai inossidabili si fa riferimento alla proprietà specifiche per le quali viene scelto, per una determinata applicazione, un acciaio inossidabile. La passivazione, o strato di passività, di un acciaio inox è ciò che lo rende resistente a corrosione.

Le leghe di cromo, come gli acciai inossidabili, vengono abitualmente preferite per applicazioni che coinvolgano ambienti corrosivi. Sono acciai selezionati, in particolare, perché offrono una spiccata resistenza all'attacco chimico senza richiedere grossi costi aggiuntivi di protezione. Il tenore minimo di cromo, per il quale un acciaio può essere considerato inossidabile (e quindi dar luogo alla passivazione), è fissato per norma ad un minimo di 10.5% in peso (ed un massimo di 1.2% di carbonio).

La resistenza alla corrosione degli acciai inossidabili è dovuta ad un film protettivo invisibile formato principalmente da ossidi ed idrossidi di cromo del tipo Cr2O3 e Cr(OH)3. Tale film, per conferire passivazione agli acciai inossidabili, deve avere alcune caratteristiche ben precise come la compattezza, l'insolubilità e l'adesione al substrato metallico. Le proprietà indicate non sono le uniche, ma sono loro a garantire che il film di passività sia efficacemente protettivo nei confronti dell'acciaio inossidabile, conferendo una buona passivazione e proteggendolo quindi dall'attacco di agenti esterni.

È chiarissimo il contrasto con gli ossidi di ferro che si creano su acciai al carbonio. Quella che chiamiamo correntemente "ruggine" non è che un insieme di diversi ossidi ed idrossidi porosi, che lasciano fluire gli agenti aggressivi ed ossidanti (anche il semplice ossigeno dell'aria) al substrato metallico.

Quando si parla di passivazione dell'acciaio inox, si fa riferimento ad un ossido perfettamente adeso e compatto, uno strato di passivazione che fa fisicamente da barriera contro il passaggio di agenti aggressivi dall'esterno al substrato metallico. Questo film, che si forma e riforma rapidamente ad opera dell'ossigeno atmosferico, porta anche ad un innalzamento del potenziale elettrochimico superficiale del metallo.

La sensibilità ai contaminanti (residui metallici derivanti dai trattamenti di produzione/fabbricazione, sporco, polveri, eccetera) ne pregiudica l'omogeneità e la resistenza, facendo decadere le proprietà tecnologiche. Quindi, affinché la passivazione naturale dell'acciaio inossidabile avvenga in maniera soddisfacente, è necessario che l'ambiente in cui ha luogo il processo di passivazione sia esente da inquinanti, polveri metalliche, cloruri, fluoruri, zolfo, ecc.

Un film di ossido protettivo è presente sulla superficie passiva dell'acciaio inox, prima che il pezzo sia fabbricato. Un pezzo di acciaio inox pulito, appena lavorato, spazzolato o decapato acquisisce automaticamente questo film di ossido a contatto con l'atmosfera (ossigeno).

In condizioni ideali, il film protettivo di ossido copre completamente tutte le superfici del pezzo ed è considerato estremamente sottile, circa 2,5 nanometri. Alcuni elementi (come azoto, titanio, nichel, molibdeno, e così via) influenzano in maniera più o meno importante, la formazione, lo spessore, la stabilità, l'adesione e la velocità di ricostruzione del film passivante e quindi la resistenza alla corrosione dell'acciaio.

Contaminanti come sporcizia o particelle di ferro, possono essere trasferiti dagli utensili di taglio alla superficie delle parti in acciaio inox durante la lavorazione. Se non rimosse, queste particelle estranee possono ridurre l'efficacia della pellicola protettiva originale. Quando accade questo, può iniziare l'attacco corrosivo. Sebbene il metallo possa sembrare lucido appena lavorato, le particelle invisibili di impurità e ferro possono causare corrosione sulla superficie dopo l'esposizione all'atmosfera.

Anche l'esposizione ai solfuri può rappresentare un problema, se non preso in considerazione. Queste particelle provengono dall'aggiunta di zolfo agli acciai inossidabili per migliorarne la lavorabilità. I solfuri migliorano la capacità della lega a formare trucioli, che si staccano nettamente dall'utensile da taglio durante la lavorazione. Se il pezzo non è passivato correttamente, i solfuri possono agevolare l'inizio di una corrosione superficiale del prodotto.

Procedimento

La scelta finale relativa al tipo di passivazione dipende dagli standard di fornitura imposti dal costruttore, per il quale le parti o componenti possono essere applicati. A prescindere dalla direzione in cui va la scelta, i passaggi imprescindibili per garantire la migliore resistenza possibile alla corrosione sono due: pulizia e bagno acido passivante.

Fase n. 1: Pulizia

La pulizia deve precedere ogni altro intervento. Grasso, refrigerante o altri corpuscoli presenti in officina vanno subito rimossi dalla superficie per ottenere la migliore resistenza alla corrosione possibile. Schegge di lavorazione o altra sporcizia possono essere tolti dal manufatto con cautela. Per rimuovere oli di lavorazione o refrigeranti può bastare un semplice sgrassatore o detergente commerciale. I materiali estranei, come gli ossidi termici, possono essere rimossi mediante molatura, o con metodi quali il decapaggio con immersione in acido.

Supporre che la semplice immersione della parte grassa in un bagno acido dia luogo simultaneamente tanto alla pulizia quanto alla passivazione è una leggerezza che costa molto cara.

Può accadere che il grasso contaminato reagisca con l'acido, formando bolle di gas che si depositano sulla superficie del metallo e interferiscono con la passivazione. Ancora peggio, la contaminazione della soluzione di passivazione, talvolta con alti livelli di cloruri, può causare il cosiddetto "attacco flash" in cui, al posto del film di ossido lucido desiderato, ci si trova con una superficie fortemente acidata o scura, perfino deteriorata rispetto alla situazione di partenza.

Fase n. 2: Bagno acido passivante

Dopo un'accurata pulizia, il manufatto in acciaio inox è pronto per l'immersione in un bagno acido di passivazione. In relazione al grado dell'acciaio inossidabile e ai criteri previsti, si effettua una scelta tra tre diversi metodi: passivazione in acido nitrico, passivazione in acido nitrico con bicromato di sodio, passivazione in acido citrico.

Le leghe più resistenti al cromo-nichel (serie 300) possono essere passivate in un bagno di acido nitrico al 20%. Gli acciai inossidabili meno resistenti possono invece essere passivati aggiungendo bicromato di sodio al bagno di acido nitrico, per rendere la soluzione più ossidante e capace di formare una pellicola passiva sulla superficie. In alternativa all'acido nitrico + bicromato di sodio, si aumenta la concentrazione di acido nitrico al 50%, in modo da prevenire un eventuale attacco flash.

Per quanto riguarda gli acciai inossidabili automatici, che non sono adatti a lavorazioni meccaniche ad alta velocità, la procedura è diversa. I solfuri degli acciai automatici (contenenti zolfo) vengono parzialmente o totalmente rimossi durante la passivazione in un bagno all'acido nitrico, creando discontinuità microscopiche nella superficie del pezzo lavorato.

Anche il risciacquo con acqua, normalmente efficace, può lasciare intrappolati in queste discontinuità residui di acido dopo la passivazione. Se non viene neutralizzato o rimosso, questo acido residuo può successivamente attaccare la superficie dell'acciaio. È possibile utilizzare un processo alcalino-acido-alcalino, che neutralizza l'acido intrappolato e si realizza in meno di due ore, attraverso 8 diversi step:

  1. sgrassaggio
  2. immersione per 30' in idrossido di sodio al 5% a 71/82 °C
  3. risciacquo con acqua
  4. immersione per 30' in acido nitrico al 20% + 22 g/L di bicromato di sodio a 49/60 °C
  5. risciacquo con acqua
  6. immersione per 30' in idrossido di sodio al 5% a 71/82 °C
  7. risciacquo con acqua
  8. asciugatura

In alternativa ai trattamenti di acido nitrico, l'acido citrico può essere utilizzato da solo, per rimuovere leggere contaminazioni di ferro dalla superficie, inoltre facilita la passivazione della superficie di acciaio pulita. L'utilizzo di acido citrico è molto meno pericoloso e offre vantaggi ambientali in termini di emissione di fumi (ossidi – NOx) e smaltimento dell'acido. Per passivare l'acciaio inox i trattamenti in acido citrico prevedono soluzioni al 4-10%.

Le procedure di passivazione in acido citrico sono più inclini all'attacco flash rispetto al trattamento in acido nitrico. I fattori che causano questo tipo di attacco includono la temperatura troppo alta del bagno, il tempo d'immersione eccessivo e la contaminazione del bagno. Esistono prodotti inibitori dell'acido citrico capaci di ridurre sensibilmente l'attacco flash.

La passivazione in acido citrico è utile per un gran numero di famiglie di acciai inossidabili ed è sempre più utilizzata dai produttori che vogliono evitare l'uso di acidi minerali o soluzioni contenenti bicromato di sodio.

Controlli

Eseguita la passivazione, è necessario controllare se il trattamento ha rimosso le particelle contaminanti e ottimizzato la resistenza alla corrosione. Per questo esistono dei test di valutazione della superficie dei pezzi trattati, solitamente in camera umidostatica a 35 °C per 24 ore.

La sezione trasversale è generalmente la superficie più critica, in particolare per gli acciai automatici, perché i solfuri, distribuiti nella direzione di lavorazione, intersecano questa superficie. Le superfici critiche devono essere posizionate verso l'alto, inclinate a 15-20° per permettere all'umidità di fluire verso il basso.

È importante che il metodo di prova corrisponda al grado dell'acciaio da esaminare. Il test non deve essere né troppo rigido, né troppo tollerante. Il materiale correttamente passivato sarà sostanzialmente privo di ruggine, anche se potrà mostrare qualche colorazione/riflesso.

È disponibile anche un metodo più rapido: si applica la soluzione prevista dalla norma ASTM A380 (Pratiche standard raccomandate per pulire e disincrostare pezzi in acciaio inossidabile, attrezzature ed impianti). La prova consiste nel tamponare il pezzo con una soluzione di solfato di rame e acido solforico, mantenendo l'umidità per sei minuti e osservando se c'è qualche ramatura. In alternativa, il pezzo può essere immerso nella soluzione per sei minuti. La ramatura si presenta se il ferro si scioglie.

Quest'ultimo provino non può essere applicato ai componenti destinati all'industria alimentare. Inoltre, non deve essere utilizzato per gli acciai inossidabili martensitici o ferritici con basso contenuto di cromo (serie 400), in quanto è probabile ottenere dei risultati falsi positivi. Storicamente, la prova in nebbia salina è stata utilizzata anche per verificare campioni passivati, ma questo test è troppo rigido per alcuni tipi di acciaio e in genere non è necessario per confermare che la passivazione sia efficace.