Test corrosivi

16.03.2019
Provini di nebbia salina
Provini di nebbia salina

I test corrosivi, o test di resistenza alla corrosione, sono delle procedure atte a indurre la corrosione di manufatti, verniciati e non, per verificarne la resistenza nel breve periodo. Questi test rappresentano in maniera empirica ma ragionevole, gli effetti che la corrosione naturale avrebbe nel corso di molti anni. Per rendere possibili queste prove vengono posti dei provini verniciati all'interno di camere climatiche che, grazie a vapori o tecnologie, inducono la corrosione. Quest'ultima, giorno dopo giorno, riesce a penetrare nelle zone sottostanti il substrato verniciante aggredendo infine la superficie metallica. Seguendo specifiche normative ISO o ASTM è possibile farne delle valutazioni visive per determinare la resistenza alla corrosione del pretrattamento o della vernice in esame. Solitamente si valutano blistering (bolle e rialzamenti della vernice) e millimetri di corrosione attorno all'incisione.

I test di resistenza alla corrosione tradizionali sono ancora molto utilizzati e rappresentano delle prove fondamentali per la validazione di prodotti di pretrattamento e vernici. Esistono diversi tipi di camere climatiche, la più diffusa è sicuramente la camera di nebbia salina neutra, dove una nebbia di acqua e cloruro di sodio al 5% a 35°C riescono a ricreare un ambiente ideale per lo sviluppo corrosivo. Questo metodo è adatto per i tutti i materiali ferrosi, mentre per l'alluminio è necessario aggiungere acidità per rimuovere l'ossido di alluminio che altrimenti ostacolerebbe la corrosione. Questa variante è definita nebbia salina acetica, per l'aggiunta di acido acetico fino ad un pH di 4.5 - 5.00. Vi sono poi altre variabili, come la nebbia salina cupro acetica ed altre che simulano lo smog e le piogge acide. Per alcuni settori, ad esempio l'automotive o la verniciatura, vengono usate camere climatiche cicliche, che alternano nebbie umido/ salate a periodi di secco e viceversa o addirittura esposizioni a luci che simulino lo spettro solare.

La nebbia salina rappresenta ancora oggi lo strumento più impiegato per questo scopo, esistono però altri metodi più veloci anche se più empirici se non correttamente effettuati. Stiamo parlando dei bagni ad immersione come il BAC FORD o il MACHU BATH. Nel primo caso i pezzi vengono semplicemente immersi in acqua demi (a temperatura ambiente o termostatata), mentre nel secondo vengono immersi in una soluzione altamente corrosiva a base di acido acetico, acqua ossigenata e sale. In linea generale possiamo dire che il BAC FORD è più adatto per metalli ferrosi mentre il MACHU BATH per l'alluminio e sue leghe. In base alle esigenze o alle normative seguite, i pezzi vengono controllati man mano e incisi per verificare l'andamento corrosivo. I test terminano con il distacco della vernice o dopo un prestabilito livello di corrosione.

Negli ultimi anni stanno diffondendosi sistemi alternativi e più rapidi rispetto la nebbia salina, vale a dire tramite la tecnica di elettrochimica ciclica accelerata (ACET). Si esegue tramite un potenziostato galvanostato, al quale sono collegate delle celle con i provini da analizzare. Le celle posano ermeticamente sul provino e contengono un elettrolita che permetterà la reazione anodo/catodo con il provino, creando un differenziale elettrochimico che verrà letto dal potenziostato. Il provino opporrà una resistenza al voltaggio somministrato e ridarà indietro un valore che verrà registrato ed infine intrepretato. Tramite appositi cicli impostati dal software sarà possibile eseguire multiple sequenze di stress elettrochimico, in cui vi saranno serie di stress, rilassamento e impedenza. Da normativa occorrono almeno 6 cicli, a meno che il provino non si deteriori prima facendo interrompere la prova. Il sistema è talmente sensibile ed editabile (tramite algoritmi e circuiti elettrochimici) che è possibile identificare le cause del deterioramento del provino, come la porosità del film verniciante o del pretrattamento, l'isolamento elettrico o l'umidità assorbita.

La tecnica ACET viene considerata di rapida esecuzione e di lettura oggettiva e matematica, nonché un totale sostituto alla nebbia salina. Tuttavia occorre fare chiarezza perché, per quanto si tratti di un sistema "tecnologico" e preciso, presenta dei grossi svantaggi e vi sono attribuiti falsi miti:

  • Un'analisi dura 24 ore (6 cicli da 4 ore), ma per eseguire una singola analisi occorre una cella e un canale del potenziostato dedicato. Se non si posseggono più canali (difficilmente saranno più di 4), si potranno fare pochissime prove al giorno. Senza considerare che taluni rivestimenti resistono alle 24 ore e occorre rilanciare il test per altre 24. Una nebbia salina, per contro, permette di testare decine e decine di campioni assieme.
  • Non è del tutto vero che tale tecnica fornisce dei valori matematicamente proporzionali alle ore di nebbia salina, tuttalpiù ci si può avvicinare a risultati correlabili, ma occorrono test preliminari comparativi, sia di nebbia salina, sia di ACET. Questo è conveniente solo per le aziende che trattano o producono prodotti standardizzati, non terzisti.
  • Il costo elevato dell'apparecchiatura e il tempo necessario per la formazione adeguata dell'addetto alla ACET, la rendono poco accessibile per molte aziende. L'interpretazione dei dati è complessa ed è richiesta una conoscenza approfondita.
  • La progettazione delle celle elettrolitiche (e la fondamentale gabbia di Faraday) sono a carico dell'utente, non vengono usualmente fornite assieme al potenziostato (poiché è un'attrezzatura generica impiegata per innumerevoli applicazioni). L'utente si dovrà basare sui requisiti presenti nella normativa, assieme a tutta la messa a punto del metodo e dei calcoli affinché si possa eseguire correttamente l'analisi.
  • Le celle consentono di eseguire analisi solo su provini lisci e di formato definito, creando un grosso limite per i terzisti e per analisi generiche. Anche lo strato di vernice deve essere il più uniforme possibile, tra un provino e l'altro. La nebbia salina consente una maggior flessibilità di spessore, prima di incorrere in differenze sostanziali nella lettura.
  • La lettura dei risultati in nebbia salina viene spesso considerata soggettiva, in quanto l'operatore dovrà paragonare il livello di ossidazione con le descrizioni nella normativa, portando chiaramente ad una valutazione non numerica e non perfettamente oggettiva. Questo è parzialmente vero, ma impiegando altri sistemi di lettura sarà possibile abbassare al minimo l'errore. Non bisogna basarsi sul blistering all'ossidazione, poiché esso non è sempre indice di reale "fallimento" del rivestimento, bensì occorre strappare con scotch normalizzato e misurare i millimetri di distacco. In tal modo si otterranno misure oggettive, valide e sufficientemente ripetibili.

In conclusione, il metodo ACET risulta essere un perfetto strumento di ricerca e sviluppo, adatto solo a grossi laboratori di analisi o multinazionali di vernici e analoghi. La nebbia salina (e sue varianti) rimane tuttora lo strumento più flessibile ed immediato da usare, anche per aziende con standard elevati. 

Analisi dopo 6 cicli ACET
Analisi dopo 6 cicli ACET